Ragioni decisorie.- Il decidente ha chiarito che la realizzazione delle inferriate rientra nelle modifiche poiché interessano limitate porzioni della facciata. Tuttavia, il condominio ha evidenziato l’esistenza di un regolamento contrattuale ostativo alla loro installazione.
Essendo l’articolo 1102 Codice civile norma derogabile, i disposti di un regolamento contrattuale possono apportare restrizioni alle facoltà dominicali dei condòmini sui beni comuni. Il giudicante ha ritenuto applicabile al caso di specie la clausola regolamentare che vieta le modifiche che pregiudicano l’estetica del fabbricato. Dalle foto si è evinto che la facciata su cui verrebbero apposte le inferriate presenta una unità stilistica e armonica nelle linee architettoniche. Su di essa vi sono alcune inferriate, ma con forma e consistenza dissimili da quelle che l’attore ha proposto di realizzare.
L’attore ha ribadito che il decoro della facciata era stato leso in precedenza da tapparelle di diverse forme e colori. Tanto ha dedotto per rendere irrilevante la eventuale lesione del decoro che sarebbe derivata dalla installazione delle sue grate. Il giudice ha dato atto che, al fine di valutare la lesione estetica, vanno considerate le condizioni estetiche pregresse.
Tuttavia, ha ritenuto che non è possibile comparare l’installazione di inferriate con forma e consistenza dissimili da quelle preesistenti con modifiche afferenti alla tinta delle tapparelle. Né ha rilievo il fatto che le inferriate sono necessarie per la sicurezza perché la modifica della facciata, stante la difformità con altre presenti e la alterazione delle linee estetiche della facciata, determina un rilevante pregiudizio che non può essere compensato dalla utilità delle inferriate (motivi di sicurezza).
Per il giudicante la tutela del decoro architettonico riguarda ciò che è visibile dall’esterno perché si riferisce alle linee del fabbricato, ovvero alla particolare struttura e fisionomia, contribuendo a dargli una specifica identità. In conclusione, il tribunale ambrosiano ha ritenuto che la modifica dei profili esterni delle finestre, tramite installazione delle inferriate, incide sul decoro architettonico della facciata ragion per cui l’iniziativa è preclusa al condomino senza una regolare autorizzazione assembleare.
Tribunale di Milano
TREDICESIMA CIVILE
VERBALE D’UDIENZA MEDIANTE COLLEGAMENTO DA REMOTO
DELLA CAUSA N. 14059
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv.
elettivamente domiciliato in 20124
presso il difensore avv. ATTORE
E
(C.F. , con
il patrocinio dell’avv. , elettivamente domiciliato in
20129 presso il difensore avv.
CONVENUTO
Oggi innanzi al giudice unico dott. Pietro Paolo Pisani, alle ore 11,45 sono comparsi:
Per , l’avv.to
Per ESTERNO , l’avv.to
Il giudice prende atto della dichiarazione di identità dei procuratori delle parti presenti identificando gli
avvocati mediante esibizione dei loro tesserini dei Consigli dell’Ordine.
I procuratori delle parti collegati da remoto dichiarano che non sono in atto da parte loro collegamenti con
soggetti non legittimati e che non sono presenti soggetti non legittimati nei luoghi da cui sono in
collegamento con la stanza virtuale d’udienza.
Su invito del giudice, i difensori si impegnano a mantenere attivata la funzione video per tutta la durata
dell’udienza ed a prendere la parola nel rispetto delle indicazioni del giudice, in modo da garantire l’ordinato
svolgimento dell’udienza. Il giudice avverte che la registrazione dell’udienza è vietata.
I procuratori delle parti si riportano ai propri atti di causa e discutono in conformità e chiedono decidersi la
causa.
Il Giudice
dato atto, si riserva in camera di consiglio.
Su invito del giudice, i difensori dichiarano di aver partecipato effettivamente all’udienza nel rispetto del
contraddittorio e che lo svolgimento dell’udienza stessa mediante l’applicativo è avvenuto regolarmente.
In esito alla camera di consiglio il giudice alle ore 17,00, pronuncia l’allegata sentenza ai sensi dell’art.281
sexies cpc, mediante allegazione a verbale e deposito contestuale.
Il Giudice
Dott. Pietro Paolo Pisani
Luogo_1 Dt_1
[...]
Parte_1 C.F._1
Avvocato_1 Indirizzo_1
Lg_2 Avvocato_1
Indirizzo_2 P.IVA_1
Avvocato_2 [...]
Indirizzo_3 Lg_2 Avvocato_2
[...]
Data_2
Parte_1 Avvocato_1
Controparte_1 Lg_3 Lg_2 [...]
Avvocato_2
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Milano
TREDICESIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice Dott. Pietro Paolo Pisani ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 14059/2022 R.G. promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv.
elettivamente domiciliato in 20124
presso il difensore avv. ATTORE
contro
(C.F. , con
il patrocinio dell’avv. , elettivamente domiciliato in
20129 presso il difensore avv.
CONVENUTO
- OGGETTO: impugnativa di delibera assembleare ex art. 1137, II comma c.c. – uso beni comuni e privati.
- CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale di causa del ed in formato digitale
depositate nel fascicolo telematico.
SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO
omissis ex art. 58 co. 2 L. 69/2009 e art. 132 c.p.c. novellato
Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle
medesime ed ai verbali delle udienze, attesa la modificazione dell’art.132 n° 4 c.p.c. con la legge 69/2009,
che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La presente controversia prende origine dalla impugnativa della delibera assembleare del del
, , in , convenuto, per la sua asserita nullità e/o
annullabilità con riferimento al punto 6 del suo Odg., nella parte in cui nega l’autorizzazione all’attore di
procedere all’installazione per motivi di sicurezza di grate sulle finestre dell’appartamento di sua proprietà
poste sul lato strada al piano rialzato e prospicienti in .
Si costituiva il convenuto contestando tutte le avverse deduzioni e chiedendo il rigetto delle
domande avversarie.
All'esito della prima udienza venivano assegnati i termini di cui all’art. 183 VI comma c.p.c. e, depositate le
memorie, all’esito venivano rigettate tutte le istanze istruttorie formulate in atti dalle parti e la causa, quindi,
veniva rinviata per comparizione delle parti ed il tentativo di conciliazione.
Svolto infruttuosamente l’incombente, la causa veniva rinviata quindi per la precisazione delle conclusioni
Parte_1 C.F._1
Avvocato_1 Indirizzo_1
Lg_2 Avvocato_1
Luogo_4 P.IVA_1
Avvocato_2 [...]
Indirizzo_3 Lg_2 Avvocato_2
[...]
Data_3
Data_4
Controparte_2 CP_3 Lg_2
Indirizzo_4 Lg_2
CP_1
ed all’esito della stessa, veniva poi rinviata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c..
Oggi, all’esito della discussione orale, la causa viene decisa con lettura in udienza del dispositivo e di
sintetica motivazione della presente sentenza ai sensi dell’art.281 sexies c.p.c..
Nel merito, va rilevato che parte attrice, a sostegno delle sue domande, ha allegato e provato, con copiosa
documentazione anche fotografica, le seguenti circostanze:
- è proprietario dell’appartamento posto al piano rialzato dello stabile del convenuto in giudizio
che ha due finestre prospicienti ;
− aveva sottoposto all’amministratore del convenuto il progetto, con stato di fatto, prospetto e
sezione, delle inferriate che aveva intenzione di installare sulle due finestre poste sul , ai fini
della sicurezza degli occupanti l’appartamento di sua proprietà, rendendosi comunque, all’occorrenza,
disponibile a concordare le forme più idonee delle inferriate stesse che l’assemblea avesse ritenuto
opportune;
- l’assemblea condominiale ordinaria del veniva convocata per discutere e deliberare, tra gli altri,
anche del seguente punto all’ordine del giorno: “6) La proprietà chiede l’autorizzazione
all’installazione di grate su finestre lato strada piano rialzato per motivi di sicurezza. Allegato disegno.”;
− l’assemblea negava l’autorizzazione richiesta.
L’attore ha conseguentemente lamentato che: non aveva necessità di alcuna autorizzazione assembleare;
inoltre che le inferriate oggetto di causa erano necessarie per la sicurezza degli occupanti dell'appartamento
di sua proprietà; nonché, in ogni caso, che le stesse inferriate non avrebbero comportato una alterazione del
decoro architettonico del fabbricato condominiale.
Di contro il convenuto ha eccepito che:
- andava effettuata una valutazione comparativa degli opposti interessi costituiti dalla sicurezza del
condomino, da un lato, e dalla compromissione del decoro architettonico, dall'altro;
- il regolamento del condominio di ai suoi articoli 4, lettera e) e 7 poneva una serie di limiti
all'utilizzo delle cose comuni e alla loro modifica;
- il diniego espresso dall'assemblea condominiale era motivato dalla temuta compromissione dell'estetica del
fabbricato ovvero dall'alterazione della sua simmetria esteriore.
Ha replicato l’attore sostenendo che: con l'installazione delle grate non sarebbe intervenuta alcuna lesione del
decoro del fabbricato condominiale; le disposizioni regolamentari richiamate dal a sostegno
della legittimità della delibera impugnata sarebbero inapplicabili ai profili esterni delle finestre.
E’ principio fermo che il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea di condominio
edilizio non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone
l'assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che si estende anche al riguardo dell'eccesso di
potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo d'essere.
Ma, anche in tale evenienza, il giudice non controlla l'opportunità o convenienza della soluzione adottata
dall'impugnata delibera, ma deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio dei
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poteri discrezionali dell'assemblea (Cass. civ., Sez. II, , n. 10199 ; Cass. civ., Sez. II, ,
n. 14560; Cass. civ., Sez. II, , n. 3938; Cass. n. 731 del ).
Ciò posto, nel merito delle doglianze dell’attore, va osservato quanto segue.
In punto di diritto, nel caso in esame, vengono in rilievo le due differenti discipline dettate dagli articoli 1102
e 1120 c.c..
La Corte di Cassazione, anche da ultimo (Cassazione, sentenza 25790 del ), posto che il
Codice civile stabilisce diverse limitazioni alle modifiche ed all'uso delle parti comuni, a seconda che
vengono apportate dai singoli o deliberate dai partecipanti riuniti in assemblea, ha evidenziato che “l'art.
1102 c.c. e l'art. 1120 c.c. sono disposizioni non sovrapponibili, avendo presupposti ed ambiti di operatività
diversi. Le innovazioni, di cui all'art. 1120 c.c., non corrispondono alle modificazioni, cui si riferisce l'art.
1102 c.c., atteso che le prime sono costituite da opere di trasformazione, le quali incidono sull'essenza della
cosa comune, alterandone l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà
del condomino in ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della cosa, facoltà che
incontrano solo i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, , n. 18052)”.
Per quanto riguarda poi la disciplina dell'articolo 1102 c.c. va osservato che tale norma è rivolta ad assicurare
al singolo partecipante le maggiori possibilità di godimento della cosa comune condominiale e dunque lo
legittima, - nel rispetto dei due limiti del divieto di mutarne la destinazione e di non impedire il pari
godimento agli altri condomini secondo il loro diritto -, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente
propri, traendone ogni possibile utilità (Cfr.: Cassazione, sentenza 25790 del ).
Detti principi vanno applicati alle opere di realizzazione delle inferriate oggetto di causa, che risultano quindi
rientrare tra le modeste modificazioni previste dall'articolo 1102 cc, atteso che:
- interesserebbero una estremamente limitata porzione della facciata condominiale e solo ai fini di un palese
uso più comodo della stessa per l’utilità della proprietà privata del condomino attore;
- il bene comune facciata condominiale manterrebbe comunque la sua funzione a servizio della collettività
dei condomini pur dopo l’intervento oggetto di causa;
- né è provato in atti che sarebbe impedito agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto
a seguito della realizzazione delle inferriate in esame o che queste ultime determinerebbero una lesione della
stabilità o sicurezza del fabbricato.
Parte convenuta, però, eccepisce anche la esistenza di una disciplina regolamentare contrattuale che sarebbe
ostativa alla installazione delle dette inferriate.
Il Regolamento di condominio, pacificamente applicabile tra le parti, stabilisce quanto segue:
art.4 lett. e): “É vietato: … occupare, anche temporaneamente, i locali e gli spazi sia di uso che di proprietà
comune, con costruzioni provvisorie con oggetti mobili di qualsiasi specie, erigere costruzioni, casotti
od altro, anche di carattere provvisorio e nemmeno in via precaria, sui poggioli, formarvi truogoli o
tenere vasi di grande capacità, depositarvi materiali od altro che impedisca la libera visuale ed in
genere eseguire opere che possono compromettere la stabilità o alterare l’estetica del fabbricato o
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comunque arrecare danni”;
art.7 : “É vietato fare varianti all’immobile che possano alterare l’estetica o la simmetria esteriore e
per ogni altra variazione sostanziale, anche all'interno che possa compromettere la struttura organica
ovvero la solidità o stabilità del fabbricato, si dovrà ottenere l'approvazione dell'assemblea dei condomini
che delibererà, sentito il parere dell’ingegnere tecnico da esso esaminato”.
Come è noto, le norme di un regolamento di condominio aventi natura contrattuale possono legittimamente
apportare esclusioni o restrizioni alle facoltà che, ordinariamente, competono ai singoli partecipanti
relativamente alle parti comuni (Cass. civ. Sez. II, Sent. , n. 2422), perché l'art 1102 c.c., nel
prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e
non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non pone una norma inderogabile (Cass. civ. Sez.
II Sent., , n. 2114).
Ciò posto va ritenuto che l’art. 7 del regolamento non è applicabile al caso in esame atteso che, ad una
agevole lettura dello stesso e attesa la tipologia delle opere espressamente richiamate e qualificate come
“varianti” si riferisce alle opere di “trasformazione” previste dall’art.1120 c.c. quando regolamenta le
innovazioni della cosa comune e non a quelle oggetto di causa, che integrano invece quelle modeste
modificazioni della cosa comune per un uso più comodo della stessa previste dall’art. 1102 c.c., come sopra
rilevato e ritenuto.
Invece deve ritenersi applicabile al caso in esame l’art.4 lett. e) posto che, ad una sua semplice lettura, esso
risulta riferirsi proprio a quelle modeste modificazioni previste dall'articolo 1102 cc e, tra l’altro, vieta tutte
quelle che arrechino pregiudizio a “l’estetica del fabbricato”.
La Corte di cassazione ha costantemente ribadito (cfr. da ultimo Cass. II, Ord. , n. 18928)
il seguente principio di diritto: “Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato
condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che
comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa
avere l'edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità,
ove non presenti vizi di motivazione (Sez. 2, Sent. n. 10350 del 2011)”.
Ai fini della valutazione sul decoro della facciata dello stabile condominiale è del tutto irrilevante, e semmai
fuorviante, ogni confronto con analoghe inferriate poste davanti a finestre di fabbricati diversi da quello
condominiale, come richiede parte attrice, attesi i diversi e del tutto peculiari stili ed aspetti estetici che
caratterizzano i vari fabbricati di , anche se limitrofi a quello del convenuto.
Invece dalla documentazione fotografica allegata in atti da entrambe le parti e relativa allo stabile
condominiale emerge quanto segue:
- la facciata condominiale sulla quale verrebbero installate le inferriate oggetto di causa è caratterizzata da
una unitarietà di linee e di stile che la rendono un contesto armonico e omogeneo nelle sue linee
architettoniche;
- nella facciata condominiale oggetto di causa esistono già delle inferriate presenti su tutte le aperture
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sottostanti al piano dove sono poste le finestre dell'appartamento di parte attrice, lungo tutta la facciata
condominiale, ma le stesse hanno forma e consistenza del tutto dissimili da quelle che l'attore si propone di
realizzare, per quanto allegato in atti.
Parte attrice eccepisce però che il decoro della facciata condominiale già sia stato leso in precedenza dalla
presenza di tapparelle di diverse forme e colori ivi installate così da rendere irrilevante la eventuale lesione
dello stesso decoro che deriverebbe dalla installazione delle proprie inferriate.
Se è vero che al fine di valutare la sussistenza o meno della lesione del decoro architettonico di un fabbricato
condominiale, in conseguenza di un intervento operato dal singolo condomino sulla struttura, deve tenersi
anche conto delle condizioni nelle quali versava l'edificio prima del contestato intervento, va però detto che
non è possibile comparare la installazione delle inferriate di parte attrice aventi forma e consistenza del tutto
dissimili da quelle già preesistenti sulla stessa facciata, con eventuali altri interventi modificativi di diverso e
del tutto peculiare contenuto quali il colore delle tapparelle in discorso.
Invece il confronto tra le diverse inferriate, quelle preesistenti e quelle da installarsi, rende evidente la
alterazione della unitarietà di linee e di stile della facciata che il regolamento condominiale e la delibera
impugnata intendono salvaguardare e che, di contro, si determinerebbe con la installazione di quelle proposte
dall’attore.
Neppure rileva che altre modifiche eventualmente intervenute sulla facciata siano state consentite o tollerate
pur in contrasto con il regolamento condominiale, atteso che quest’ultimo potrà sempre, eventualmente,
essere fatto valere nelle sedi competenti.
Così da doversi rigettare la eccezione sul punto.
Va ancora ritenuto, poi, che a nulla rileva che le inferriate oggetto di causa sarebbero necessarie per la
sicurezza degli occupanti dell'appartamento dell’attore, atteso che la modificazione della facciata, proprio per
la suddetta difformità con le altre inferriate già presenti e la alterazione conseguente della unitarietà di linee e
di stile della facciata condominiale, determinerebbe un pregiudizio estetico non modesto e dunque non
trascurabile, che non verrebbe compensato dalla asserita utilità delle inferriate ai fini della sicurezza.
Posto quindi che la tutela del decoro architettonico attiene a tutto ciò che nell'edificio è visibile ed
apprezzabile dall'esterno, perchè si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare
struttura e fisionomia, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità, ne consegue che nel caso in
esame e tenuto conto del dettato del regolamento condominiale e dei rilievi in fatto sopra svolti, deve
ritenersi che la modifica dei profili esterni delle finestre ove verrebbero installate le inferriate oggetto di
causa con le caratteristiche richieste in atti, inciderebbe sul decoro architettonico dell’intera facciata e
conseguentemente che il condomino attore non può operare la stessa autonomamente senza la autorizzazione
assembleare (cfr.: Cass. n. 17398) che, dunque, è stata legittimamente negata.
Nè parte attrice ha allegato elementi che consentano di rilevare un eventuale eccesso di potere nella
decisione dell’assemblea condominiale su quanto oggetto di causa, atteso quanto sopra rilevato e ritenuto in
punto di fatto e di diritto.
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Ciò posto, per quanto sopra rilevato e ritenuto, deve quindi rigettarsi la domanda dell’attore non essendo
emersi in atti i profili di illegittimità sollevati avverso la delibera impugnata.
Con assorbimento di ogni altra domanda, eccezione e istanza in atti, in applicazione del principio processuale
della "ragione più liquida" (Cass. Sez. U, n. 9936 del ; Cass. n. 12002 del ; Cass. civ.
Sez. V Ord., , n. 15008) .
Le spese e competenze del presente giudizio e della mediazione seguono la soccombenza, ai sensi
dell’artt.91 c.p.c., e vanno poste a carico dell’attore ed a favore del convenuto e, determinate
sulla scorta dei parametri dettati dal D.M. Giustizia 55 del come modificato con Decreto del
, n. 147, in considerazione del valore della domanda e della attività svolta, si liquidano come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra eccezione, domanda o istanza disattesa, rigettata o
assorbita, così provvede, come in motivazione:
- rigetta tutte le domande dell’attore .
- Condanna l’attore a corrispondere al
, in , convenuto, in persona del suo amministratore pro tempore, le spese e competenze
di lite e di mediazione, liquidate €.4.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei
compensi ed a cpa e Iva di legge.
Sentenza immediatamente esecutiva come per legge e resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante
lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.
Milano .
Il Giudice
Dott. Pietro Paolo Pisani
29-04-2024 21:26
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